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Covid-19: tamponi a domicilio, medici divisi. Sì della Fimmg

Infettivologia Redazione DottNet | 10/03/2020 20:03

Misura decisiva per il rallentamento dei contagi. Ricciardi, 'non è utile'

Estendere l'esame del tampone a tutti i soggetti sintomatici ed effettuarlo a domicilio ai pazienti con polmonite. Secondo la Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e la Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) della Lombardia questa misura potrebbe essere decisiva per il rallentamento dei contagi da nuovo coronavirus, ma gli esperti si dividono sulla sua reale utilità e applicabilità. Per affrontare quella che è ormai "una epidemia incontrollata su gran parte del territorio italiano" sono "necessari subito tamponi a tappeto per tutti i pazienti sintomatici con una affezione delle vie respiratorie", anche senza collegamenti con le zone più a rischio o con contagiati, sostiene il presidente Simit Marcello Tavio.

Fino ad oggi infatti, sottolinea Massimo Andreoni, direttore Scientifico Simit, "i tamponi sono stati limitati a persone sintomatiche che hanno avuto contatti con zone epidemiche o con persone contagiate. Riteniamo invece che in questa situazione tutte le persone che presentano sintomi di un'affezione delle vie respiratorie, devono esser valutate. Non farlo sarebbe un grave errore". Anche la Fimmg Lombardia rilancia: bisogna autorizzare i medici di medicina generale a fare i tamponi a domicilio ai pazienti con probabile polmonite interstiziale trattati a casa, visto il loro notevole aumento. Una posizione non condivisa da Walter Ricciardi (nella foto), consigliere del ministro della Salute e membro del consiglio esecutivo dell'Oms: "Vanno seguite le linee guida dettate dall'Organizzazione mondiale della sanità e dal Centro europeo per il controllo delle malattie Ecdc. E le evidenze scientifiche indicano l'utilità di effettuare i tamponi a soggetti sintomatici che hanno avuto contatti a rischio o che provengono da aree a rischio. Credo non si debba derogare da tali indicazioni - rileva - altrimenti si possono determinare 'effetti collaterali'".

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Ad esempio, chiarisce Ricciardi, "il fatto di aver effettuato all'inizio troppi tamponi ha generato una focalizzazione dell'attenzione mondiale sull'Italia, che ha finito per essere indicata come Paese di 'untori'". Oms e Ecdc, ribadisce, "sconsigliano questo tipo di approccio, non è utile". Tutto ciò anche perchè, come ha spiegato nei giorni scorsi lo stesso ministro della Salute Roberto Speranza, il tampone "non è sufficiente, è la fotografia di un istante. L'incubazione del virus dura 14 giorni, se la persona fa il tampone in uno di questi giorni ha solo l'illusione di aver risolto il problema. La soluzione è invece l'isolamento: solo così avremo certezza che non sarà positiva, altrimenti - ha avuto modo di spiegare - abbiamo l'illusione della negatività del momento, ma magari potrebbe essere positiva due giorni dopo".

Una 'estensione a tappeto' del tampone ai sintomatici determinerebbe anche "un problema organizzativo se le strutture non vengono preparate, oltre a porre un problema di costi", rileva il segretario nazionale della Fimmg Silvestro Scotti. Più utile, afferma, "sarebbe invece estendere la misura già adottata in Veneto che è appunto quella di effettuare il tampone a domicilio ai soggetti che rientrano nelle indicazioni previste. L'obiettivo - conclude - è evitare gli spostamenti in ospedale per fare il test e, dunque, il rischio di contagio".

Così si è trasmesso il virus

La trasmissione dell'infezione da Sars-Cov-2 "è avvenuta in Italia per tutti i casi, ad eccezione dei primi tre segnalati dalla Regione Lazio che si sono verosimilmente infettati in Cina". Lo suggerisce l'indagine epidemiologica condotta dall'Istituto Superiore di Sanità (Iss), contenuta nell'approfondimento che verrà pubblicato a partire da oggi il martedì e il venerdì sul sito Epicentro dell'Iss.  E' stata poi segnalata dalla Regione Lombardia, rileva l'Iss, "una persona di nazionalità iraniana, tuttavia non è stato indicato dove possa essere avvenuto il contagio anche se la persona si è verosimilmente infettata in Iran". Attualmente, si legge nel documento basato sulla situazione alle ore 10 del 9 marzo 2020, "non è possibile ricostruire, per tutti i pazienti, la catena di trasmissione dell'infezione.

La maggior parte dei casi segnalati in Italia riportano un collegamento epidemiologico con altri casi diagnosticati in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, le zone più colpite dall'epidemia". Lo stato clinico è disponibile solo per 2.539 casi, di cui 518 (9,8%) asintomatici, 270 (5,1%) pauci-sintomatici, 1.622 (30,7%) con sintomi per cui non viene specificato il livello di gravità, 1.593 (30,1%) con sintomi lievi, 297 (5,6%) con sintomi severi, 985 (18,6%) critici. Il 21% dei casi risulta ospedalizzato, e tra quelli di cui si conosce il reparto di ricovero (1.545) il 12% risulta in terapia intensiva. L'età mediana è di 69 anni (0-18 anni: 0%; 19-50 anni: 10%; 51-70 anni: 46%; >70 anni: 44%).  "L'indagine - ha sottolineato il presidente dell'Iss Silvio Brusaferro - rileva una percentuale significativa di casi sotto i 30 anni, un dato che conferma quanto questa fascia di età sia cruciale nella trasmissione del virus".

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